Disorientati, proviamo a resistere. Impauriti quanto basta, cerchiamo di restare sul pezzo. Forse non sempre dinamici e scattanti per le incertezze varie che si susseguono senza sosta, ma manteniamo l’attenzione.
Siamo maestri in emergenza e, in tanti momenti, ci sentiamo allo sbaraglio.
La scuola è in divenire e noi con lei: ciò che pensiamo, facciamo, programmiamo, proponiamo oggi, non è detto che domani sia ancora valido.
Nel mio emiliano lockdown a metà, da zona gialla a zona arancione, con scuole ancora aperte ma non per tutti, in pochi giorni i cambiamenti, di ogni tipo, radicali o di poca importanza, si sono susseguiti. Gli zaini, per esempio, piccolo particolare pressoché inutile per i non addetti ai lavori, sono stati prima accantonati a favore di igienizzabili cartellette di plastica, poi ripresi per necessità, appoggiati quindi in corridoio lontani dall’aula in cui trascorriamo l’intera giornata, riportati dentro in un angolo, appoggiati allo schienale della sedia perché nemmeno loro, seppur sul pavimento, possono fare assembramento tutti nello stesso punto: a distanza, quindi, dai microbi delle scarpe ma ora appiccicati alle giacche, anch’esse sullo schienale della seggiolina e…non è finita, vedremo come e dove
li posizioneremo prossimamente.
Le mascherine sono state indossate per una settimana intera, poi per tre giorni, dopo cambiate una volta al dì, infine a metà giornata scolastica dopo la mensa. Pestate e cestinate per poi scoprire di non avere quella di scorta, usate come fionda per lanciare la gomma, messe in testa a mò di bandana, riscoperte come fazzoletto d’emergenza dopo averci starnutito dentro: c’è chi ha sempre quella chirurgica bianca, azzurra o rosa, chi di stoffa con i cagnolini, chi fosforescente così si vede anche alla sera tardi al buio.
Che dire? Tutto è possibile, tutto si può fare, a tutto ci si può, nostro malgrado, abituare, in salute e in pandemia. Gli aspetti contradditori non mancano e tanti di questi ci portano spesso a dare giudizi negativi su ogni questione scolastica, con genitori che si scagliano contro decisioni prese per necessità e che non piacciono a nessuno e bambini che, al contrario, si adeguano a tutto e lo fanno pure sorridendo, a tratti sembra di tornare indietro a marzo-aprile scorso, se non addirittura al punto di partenza, sprovveduti e attoniti davanti ad un evento più grande di noi e mai preventivato.
Eppure, ad oggi, la scuola primaria resta in piedi e continua a lanciare messaggi di fiducia e ottimismo. Non per tutti, però, non perché non è inclusiva ma perché questi messaggi sono solo per chi li sa cogliere: tante persone, dall’esterno (e talora non solo), sono incatenate a pregiudizi e stereotipi duri a morire. Basterebbe un po’ di apertura mentale per guardare oltre e capire quanto lavoro messo in piedi, quanta energia fisica e mentale utilizzata, quanta passione dimostrata, quanto entusiasmo stimolato ci sono stati. Dobbiamo, e di questo ne sono convinta, continuare a seminare e contribuire a fare andare bene le cose dando, ognuno, il meglio che si può e si riesce. Solo così, pian pianino, ogni pezzo del puzzle andrà a posto: siamo ancora in tempo. La scuola, forse,
va ripensata ma è anche la percezione che ne abbiamo che va trasformata, in quanto,
di passi da gigante, ne ha già fatti a volontà. E, chi voleva, l’ha capito: genitori, nonni, alunni, corpo docente. Ora dobbiamo pensare a fare stare bene i nostri bambini distraendoli, ad attenuare le loro paure proponendo pensieri alternativi, ad invogliarli ad essere dinamici e non statici malgrado la chiusura parziale o completa delle nostre città mettendo a frutto i loro talenti.
Nessuno lo può fare meglio di noi maestri a cui questi bambini vengono affidati ogni mattina e lo possiamo fare non perché siamo super eroi ma per l’innegabile motivo che trascorriamo con loro più tempo dei genitori. La scuola è il loro mondo dove ognuno può essere se stesso senza fratelli intorno con cui litigare, senza mamma e papà che discutono mettendolo in mezzo, senza controllo continuo del proprio tempo. Inoltre, noi maestri, abbiamo armi infallibili e sempre di moda: arte, musica, scienze, storia, geografia, ginnastica, religione, inglese, matematica, italiano non sono discipline da inculcare come se buttassimo dati dentro a un computer. Sono interesse, intensità, creatività, attività e implicano coinvolgimento, partecipazione, collaborazione, tutoraggio tra pari. Incrementano la curiosità, l’originalità, l’intelligenza, la conoscenza del mondo.
No, non sono semplici discipline: sono Vita.
I bambini l’hanno capito e a casa non ci vogliono stare. Speriamo di continuare ad accontentarli perché, in caso contrario, il rischio è delusione e frustrazione pura con mesi/anni persi per sempre.
di Barbara Mondelli