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Una famiglia calpestata, ma di forte Costituzione

Una famiglia calpestata, ma di forte Costituzione

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Costituzione italiana, articoli 29, 30 e 31. Da quanto tempo la politica e l’intellighenzia non li rileggono?
Sono gli articoli che riguardano la famiglia, non hanno nessun accento confessionale, parlano, con un linguaggio molto laico, di diritti, di doveri, di agevolazioni. Ripassiamoli insieme: il diritto «della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»; il dovere e diritto dei genitori di «mantenere, istruire ed educare i figli»; le agevolazioni che lo Stato deve prevedere per garantire «con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia… con particolare riguardo alle famiglie numerose».
Ora, i casi sono due: o la Costituzione italiana non fa più testo ed è solo un nobile libro da tenere sopra un mobile (ovviamente chiuso); o l’agenda della politica italiana e i dibattiti che ha generato sono completamente fuori strada. Sarebbe interessante avere qualche risposta dai tanti che si riempiono la bocca di richiami alla Costituzione ad ogni pie’ sospinto…
Nell’attesa – probabilmente vana – di qualche risposta, possiamo buttare là qualche altra domanda impertinente. Una per esempio potrebbe esser questa: come mai la laicissima Francia da 30 anni a questa parte ha ritenuto opportuno di sostenere con misure strutturali le famiglie? Certamente non può essere stato il frutto di pressioni ecclesiali: parliamo pur sempre del Paese che ha fatto da culla al giacobinismo… Semplicemente una politica avveduta ha intuito con tempismo che una crisi di questa «società naturale» avrebbe comportato un gravissimo declino per il Paese. Declino demografico, ovviamente; ma anche declino economico, morale, identitario.
Laicamente la Francia ha deciso che fosse giusto che i nuclei familiari pagassero meno tasse rispetto ai single, ha introdotto un meccanismo fiscale – il quoziente familiare – in base al quale l’imponibile, attraverso complicati calcoli, viene suddiviso in base ai componenti che di quell’imponibile devono vivere. Un’idea semplice, laicissima, capace di guardare lontano e di costruire futuro come dimostrano i dati demografici francesi, ormai superiori persino a quelli della «cattolica» Irlanda. Se pensiamo a quel che nello stesso arco di tempo è avvenuto in Italia c’è da mettersi le mani nei capelli: e la prova più emblematica è nel fatto che il ministero che dovrebbe occuparsi delle Famiglie è un ministero senza portafogli (altro che quoziente familiare…).
Questo significa che la famiglia è stata trattata tutt’al più come un valore morale, cui propinare un sacco di buone intenzioni, tante prediche e niente più. Lo dimostra l’ultima manovra del governo, che in cambio di una manciata di euro in assegni famigliari ha esposto le famiglie all’aumento dell’Irpef comunale. Con il risultato – come dimostrato a suon di cifre dal laicissimo «Sole 24 ore» – che più figli si hanno più tasse si pagheranno in questo 2007.
Un’altra domanda laica e impertinente è questa: sanno i nostri politici quante sono le famiglie italiane? Immaginiamo di no, a giudicare dalle priorità che si sono dati. Ebbene, glielo ricordiamo noi: sono 22 milioni. In un’ottica democratica e assolutamente laica non sarebbe più logico e più coerente dare priorità alla salvaguardia dei diritti di una componente così vasta della popolazione italiana piuttosto che far passare avanti le ragioni di una minoranza, peraltro dai confini molto vaghi, come quella che verrà premiata dai Dico (per stare sempre alla logica “laica” dei numeri: sono circa 500mila persone)?
Ma non finiscono qui le domande. Per esempio sarebbe bene chiedersi perché tra i tanti diritti per i quali ci si preoccupa con tempestività anche sospetta, non ci sia il diritto delle donne ad avere più di un figlio: tutte le ricerche infatti confermano che le donne italiane oggi sono penalizzate, perché non possono realizzare un grande desiderio per la loro vita. Che è quello di avere due figli. Desiderio che non possono realizzare perché le condizioni economiche non lo permettono, perché la mancanza di sostegni e di agevolazioni le fanno desistere. Si è tanto parlato di liberazione delle donne in questi decenni, ci si è preoccupati (a parole) di realizzare pari opportunità e intanto le si è punite su uno degli aspetti fondamentali e più intimi della loro vita (se volete saperne di più leggete l’articolo di Daniela De Boca sul sito www.lavoce.info: un approccio laico al 100%).
Con la stessa impertinenza vorremmo poi chiedere a tutti i responsabili della cosa pubblica e ai loro ossequienti ideologi come pensano di tenere in piedi un sistema previdenziale in un Paese che ha sciaguratamente puntato tutto sui single. A qualcuno forse è sfuggito che Milano è stata la prima città italiana ad aver tagliato un bizzarro ma inquietante traguardo: oggi nel capoluogo lombardo sono più i nuclei costituiti da una sola persona (sono compresi ovviamente gli anziani soli) che i nuclei familiari. Se come sempre è accaduto nella storia italiana recente, Milano inaugura tendenze su cui presto o tardi si allineeranno tutti, c’è poco da stare allegri. Di questo passo l’Italia sarà un Paese destinato a implodere, seppur paciosamente tra veline accondiscendenti e rigagnoli di coca con il sottofondo delle sofisticate analisi di intellettuali politicamente corretti. È questo il Paese che vogliamo consegnare ai nostri figli?
Se si risponde di no, c’è una sola via di uscita. È quella di investire sull’unica cellula della società che per natura guarda al futuro. La famiglia ha questo infatti nel suo dna: quello di essere un patto tra due persone che prendono un impegno insieme proiettato nel domani. La sua fertilità quindi, ancor prima che nel mettere al mondo i figli e nel garantire il ricambio generazionale (o più prosaicamente la previdenza per tutti…), sta nel fatto che, per statuto, investe sul futuro.
Quindi, ultima domanda impertinente: vogliamo o no investire sul futuro della nostra Italia? Chi risponde sì, sa quali scelte si devono fare e quali possono invece aspettare…
di Giuseppe Frangi
dall’Eco di Bergamo