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“Registro delle unioni civili: un bluff ideologico”

“Registro delle unioni civili: un bluff ideologico”

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L’editoriale di RomaSette.it sulla delibera approvata in Campidoglio: “Una tappa simbolica di un percorso anti-famiglia che apre inquietanti orizzonti a danno dei figli”

Roma, 29 Gennaio 2015 (Zenit.org) Redazione

“Il Campidoglio, con la delibera di ieri (mercoledì 28 gennaio 2015), ha deciso di discriminare consapevolmente la famiglia. Una tappa simbolica di un percorso anti-famiglia che apre inquietanti orizzonti a danno dei figli”. È quanto afferma Angelo Zema, direttore responsabile del sito di informazione diocesana www.romasette.it, nell’editoriale pubblicato oggi in merito alla delibera per il riconoscimento e l’istituzione del registro delle unioni civili approvata in Campidoglio. Di seguito il testo integrale:

La finta priorità della politica romana è stata messa all’ordine del giorno, discussa e votata: l’esito era scontato. Il registro delle unioni civili a Roma ora c’è, anche se servirà a ben poco. Il sindaco Marino, orgoglioso di aver partecipato al voto che equipara le unioni civili (anche dello stesso sesso) al matrimonio, e tutti i consiglieri che l’hanno approvato lo sanno bene. Ma per loro quello che conta è mandare un segnale alla politica nazionale. Come se la politica dovesse essere fatta di segnali. Certo, sappiamo che è così, purtroppo.

A noi, però, piace pensare che possa e debba essere ancora sostanza, che guardi al bene comune e non a interessi di parte; piace pensare che vada incontro alle reali esigenze dei cittadini (basti vedere il fallimento dei registri istituiti in alcuni Municipi romani per capire che in questo caso non è così); piace pensare che tratti in modo uguale situazioni uguali e non quelle differenti, come sono le unioni civili e il matrimonio.

Per questo – nel rispetto delle posizioni e orientamenti di ciascuno – non si può tacere il bluff della delibera approvata ieri in Campidoglio: si ignorano le sentenze della Consulta che nega la possibilità di equiparare al matrimonio un’eventuale disciplina di diritti e doveri di coppie omosessuali, si vuole parlare al Governo e al Parlamento con un atto privo di rilevanza giuridica (alcuni diritti sono già previsti negli ambiti di competenza comunale), si privilegia la finzione rispetto alla realtà. Come nel caso della concessione dei locali del Campidoglio adibiti alle celebrazioni dei matrimoni civili per uno “pseudo-matrimonio” che suggelli l’iscrizione al registro. È poi singolare ascoltare frasi come “da oggi l’amore è uguale per tutti”, quasi che l’amore si potesse regolare con una legge o con una delibera.

Da ieri il Campidoglio, assolutizzando il riconoscimento dei diritti individuali, ha deciso di «tutelare e sostenere le unioni civili» (alle quali non sono chiesti doveri e obblighi) e quindi di discriminare consapevolmente la famiglia, “società naturale fondata sul matrimonio”, come recita la Costituzione. Con una tappa altamente simbolica di un percorso anti-famiglia già segnato da vari passi, dall’abolizione dell’esenzione del terzo figlio per la quota dell’asilo nido (seguita dallo stop del Tar) ai progetti educativi nelle scuole ispirati al “gender”.

Il percorso del Campidoglio minato dall’ideologia ha raggiunto il suo apice: segno di un pericoloso scollamento con la realtà, in particolare quando ci si spinge a parlare di uguaglianza (con il pretesto di non discriminare) tra matrimoni di coppie eterosessuali e pseudo-matrimoni gay. Scenario che apre inquietanti orizzonti a danno dei figli, i soggetti più deboli. Ed è irresponsabile non guardare oltre i fogli di un registro.