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PERCHE’ CHIEDIAMO IL BONUS PENSIONE PER LE MAMME LAVORATRICI

PERCHE’ CHIEDIAMO IL BONUS PENSIONE PER LE MAMME LAVORATRICI

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Carissima Ministra Elsa Fornero

ho accolto con piacere ed orgoglio la sua nomina, felice che una donna e per di più mia concittadina assumesse un ruolo di tale fondamentale importanza, certa che avrebbe saputo valutare e correggere quanto di iniquo e penalizzante grava oggi sulle mamme italiane.
Anche io sono mamma e appartengo dalla sua nascita all’Associazione Nazionale Famiglie Numerose di cui, insieme a mio marito, sono consigliere nazionale.
Devo in tutta franchezza riconoscere il merito all’associazione che rappresento di aver restituito dignità alle famiglie numerose italiane, una dignità, che nonostante l’articolo 31 della nostra Carta Costituzionale, era stata completamente svilita da tutti i Governi che si sono via via succeduti in carica.
E’ però in qualità di madre che oggi le scrivo, una mamma che ha creduto profondamente nei valori e nell’importanza della famiglia e dei figli tanto da metterne al mondo addirittura 8. Inutile dirle che oggi sono la mia gioia più grande e non ho esitato quando è stato necessario a rinunciare ad opportunità lavorative che avrebbero compromesso la stabilità della mia famiglia, convinta che la ricchezza che i miei figli costituivano per il mio Paese e per il Bene Comune mi sarebbe stata riconosciuta con provvedimenti adeguati.
Ma così non è stato, sulle spalle mie e di mio marito sono gravati per intero i costi e le fatiche oltre che le pesanti iniquità che la società tutta ci ha scaricato e, come la mia molte altre famiglie che ad oggi non si vedono riconosciuti tempo e fatiche, pagando sempre il prezzo più alto in ogni situazione, sia tariffaria che fiscale, che contributiva.
Inutile ricordarle che già nel secondo dopoguerra la vicinissima e lungimirante Francia introdusse politiche a favore delle famiglie e della conseguente natalità arrivando a riconoscere uno “sconto” contributivo ai fini pensionistici a quelle donne, che mamme, avevano contribuito allo sviluppo della nazione, in misura proporzionale al numero di figli messi al mondo.
Sappiamo entrambe che l’Italia è sempre stata fanalino di coda nelle politiche sociali e familiari ma oggi serve un chiaro e preciso cambiamento strutturale e culturale per uscire tutti indenni dalla crisi, tutti, nessuno escluso, tantomeno quelle famiglie che si sono adoperate in totale gratuità per il bene di tutti.
Le nostre mamme, carissima Ministra, sono in larga parte anche lavoratrici, perchè in mancanza di politiche familiari adeguate hanno dovuto necessariamente produrre un secondo stipendio, nonostante l’enorme carico familiare fosse già ampiamente sufficiente, ma purtroppo non riconosciuto ne ai fini economici ne a quelli previdenziali.
Le nostre mamme svolgono lavori per nulla facili e spesso senza il part time come assistenti in case di riposo ad accudire anziani non autosufficienti, in ospedali ad occuparsi dei malati, negli asili, nelle scuole o nei supermercati con i turni che le vedono impegnate sino alle 22 o addirittura in fabbrica come operaie alla catena di montaggio.
Donne che sanno di poter contare solo su se stesse, che non possono tornare a casa senza il sorriso, perchè di quel sorriso sa bene i suoi figli hanno bisogno; che hanno pianto accompagnando i propri figli al nido nei primi mesi di vita e che avrebbero preferito accudire personalmente, che hanno tirato il latte dal seno per far si che qualcun’altro potesse nutrirli con quell’amore che quel latte di mamma custodiva, che hanno misurato temperature sperando non si alzassero perchè non potevano mancare quel giorno al lavoro. Le racconto queste cose non perchè le ho sentite dire o raccontare da altre ma perchè le ho vissute sulla mia pelle di donna e perchè conosco il profondo dolore che accompagna le mamme a cui è stato impedito di esserlo.
Il decreto dell’attuale governo proposto come disposizione urgente per l’equità è un decreto in cui la parola “famiglia” è descritta una sola volta, nell’articolo 5, per disporre modifiche alla determinazione dell’ISEE a danno della famiglia, volendo considerare ricchezza della famiglia anche le somme esenti da imposizione fiscale.
Lei riesce a intravederne davvero l’equità? Io personalmente no.
Misure, oltretutto, che mal si conciliano con l’articolo 53 della nostra Costituzione che stabilisce che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Capacità che deve tener conto dei carichi familiari e che è diversa proprio nella misura delle spese per la sopravvivenza di tutti i componenti il nucleo familiare nel quale è calata.
E quale equità si può intravedere nell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne senza tenere conto della sostanziale differenza tra quelle che non hanno avuto figli e quelle che si sono sobbarcate interamente a loro spese la crescita di due, tre o magari molti figli , ricchezza e futuro per tutti, senza considerare il “doppio lavoro” svolto da quelle madri che oltre a lavorare fuori casa costruiscono il futuro dell’Italia accudendo quei figli che forse mai arriveranno a percepire una pensione mentre pagheranno quelle dei politici che oggi più li maltrattano?
Mi rivolgo a Lei perchè so essere una donna preparata a fare la differenza in politica e al tempo stesso capace di tenere in debita considerazione le fatiche e le differenze qualitative e quantitative del lavoro svolto dalle donne stesse, consapevole che la rinascita economica di un Paese è direttamente proporzionale alla natalità che quel Paese avrà favorito.
Le chiedo, anche a nome di tutta le mamme dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, di far riconoscere, ai fini contributivi, due anni di pensione anticipata per ogni figlio messo al mondo, scardinando questo principio di disuguaglianza tra chi non ha “regalato” figli al Paese, utilizzando il proprio tempo libero e il proprio denaro per se e per se soltanto e chi invece ha contribuito al futuro della Nazione e alle pensioni di tutti.
Augurandole un proficuo lavoro e di mantenere intatta la sua solidale sensibilità, la saluto anche a nome delle 12mila famiglie numerose iscritte.

Maria Cristina Maculan
consiglio direttivo ANFN