• it
“Nuovi diritti”: a tutela di chi (o di cosa)?

“Nuovi diritti”: a tutela di chi (o di cosa)?

50 views
Condividi

La famiglia e la vita sono sotto attacco, lo sostiene da tempo la Chiesa assieme a pochi altri, tra cui anche l’Associazione Nazionale Famiglie Numerose. Se qualcuno pensasse che sia solo allarmismo, basta vedere cos’è successo attorno a noi solamente nello scorso mese di marzo. Ecco alcuni fatti.
Il 10 marzo l’Unione Europea ha approvato (per fortuna, non all’unanimità) la mozione Tarabella che sostiene, tra l’altro la necessità di un “accesso agevole alla contraccezione e all’aborto”, come a dire che la strada per la soppressione di innocenti nel grembo materno deve essere resa più facile: il diritto piegato al desiderio di morte, il contrario di ciò che è il rispetto del primo diritto umano, il diritto alla vita.
L’Europarlamento ha di nuovo premuto l’acceleratore in tema di unioni omosessuali; infatti, in un pronunciamento del 12 marzo, gli Stati membri sono stati incoraggiati a legiferare per il riconoscimento del matrimonio gay inserendolo come “questione politica, sociale e di diritti umani e civili”, poiché nel mondo – si legge – già 17 Stati hanno legiferato in materia. Ci si chiede allora se su quasi 200 Stati membri dell’ONU, solo questi 17 siano da considerare civilmente evoluti e gli altri vadano ritenuti arretrati: ci sembra perlomeno presuntuoso. Certo non si potrà dire che gli altri Stati, che sono l’ampia maggioranza, non hanno legalizzato le unioni gay perché filo-cattolici: no, la religione non c’entra.
18 marzo: dopo il passaggio al Senato sull’approdo al cd. “divorzio breve”, la Camera si è data il via per l’ultimo passaggio per portare da 3 anni a 6 mesi il tempo di ripensamento minimo richiesto tra separazione e divorzio. La norma è passata in via definitiva il 22 aprile con una schiacciante maggioranza (oltre il 92 % !). Anziché puntare alla promozione di operatori e servizi di mediazione, riconciliazione e successivo accompagnamento, che potrebbe far aumentare sensibilmente la piccola quota del 7 % di coppie divise che attualmente riesce a ricostruire la propria unità, si pensa di risolvere il problema accorciando i tempi. Allora perché lasciare sei mesi? Basta un giorno, il tempo di fare una firma davanti ad un impiegato.
Il 25 marzo l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), allineandosi alle indicazioni europee, ha stabilito che EllaOne, la cd. “pillola dei cinque giorni dopo” non necessita di prescrizione medica, cosa che invece è d’obbligo per molti altri tipi di contraccettivo. Così, per sopprimere una vita, basterà andare in farmacia e mettere nel carrello, assieme agli assorbenti e le vitamine, una scatola di pillole magiche. E’ l’aborto fai-da-te. Pur conoscendo i possibili effetti avversi di questo tipo di prodotto sulla salute della donna e sull’eventuale vita appena concepita (effetti feto-tossici o addirittura teratogeni), lasciando l’obbligo di prescrizione alle sole richiedenti minorenni (pensano forse che la salute della donna adulta sia meno importante?), si presume che facilitarne l’accesso possa essere utile: ma, ci chiediamo, utile a chi? Non alla donna che rischia di suo senza controllo medico, non alla vita intrauterina che viene uccisa o messa in serio pericolo, non alla società, che avanza inesorabile nell’inverno demografico … piuttosto, al business del farmaco.
Il 26 marzo è passato in Senato il primo sì alle unioni tra persone dello stesso sesso (cd. proposta Cirinnà), un altro passo verso la sostanziale equiparazione tra unioni civili e matrimonio, tranne che in fatto di adozione. Il motivo di questa eccezione ci è ignoto, ma vien da pensare che dentro i pensieri (o il cuore) dei proponenti si ritenga ancora necessario che un bambino possa avere un papà e una mamma … chissà!
E’ curioso rilevare il pressante interesse di Bruxelles sui temi della vita e del diritto di famiglia, nonostante queste siano competenze degli Stati membri, non del Parlamento europeo: si tratta forse di ingerenza o di pressioni esercitate da qualche potere?
Siamo di fronte ad un fenomeno noto come “giuridicizzazione dei desideri” dettato da quel liberalismo radicale che indica la via giuridica per far valere i propri desideri, purtroppo mettendo in secondo piano (o proprio a tacere) le evidenze scientifiche e le istanze valoriali che dovrebbero far anteporre ai desideri i bisogni di chi necessita di vera difesa: il nascituro, il matrimonio, il diritto ad avere un papà ed una mamma.
Quale compito allora per le persone di buona volontà e per le Associazioni familiari? Pensiamo innanzitutto, essere viva testimonianza della bellezza dell’amore coniugale e (per i credenti) dell’alleanza con Dio suggellata dal sacramento del matrimonio, del valore dell’accoglienza della vita come dono e come mistero; poi, vigilare su ciò che accade attorno a noi e su cosa viene proposto ai nostri figli. Infine, per chi sente la propensione all’impegno civico, difendere la vita e la famiglia nelle sedi istituzionali, associative e politiche, ove le decisioni dovrebbero essere prese per la coesione sociale, la difesa dei più deboli ed il bene comune.

Cinzia e G. Marco Campeotto
coord. ANFN prov. Udine