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Il mio Giubileo, a braccia aperte

Il mio Giubileo, a braccia aperte

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“Braccia aperte incontro a chi viene, braccia che ti accolgono così come tu sei…”. Questa canzone dei Gen esprime benissimo cosa vuol dire per me famiglia, non solo come idea, ma come esperienza di vita.
Sono un ragazzo pugliese di 26 anni che ha sempre vissuto in una famiglia che ha fatto del dono reciproco e dell’accoglienza gratuita il suo stile di vita. Ma non è di questo che voglio parlare, almeno non stavolta.
Roma, febbraio 2016. Sono selezionato per un anno di servizio civile presso l’AUCI (Associazione Universitaria per la Cooperazione Internazionale), un organismo che si occupa di cooperazione allo sviluppo con progetti in Europa, Africa, Asia e America latina. Il bando per cui sono scelto riguarda attività di sensibilizzazione alla città di Roma sui temi del Giubileo della misericordia.
Un Giubileo che parla ai cuori dei credenti e non credenti di accoglienza dell’altro, di porte aperte al perdono. Ma il mio contratto di servizio civile ha un difetto: non prevede la disponibilità di un alloggio. Per un fuorisede come me, è un bel problema, anche perché so che gli affitti nella Capitale sono insostenibili.
Tramite amicizie varie, non riesco a trovare soluzioni alternative. Così mi rivolgo al coordinatore regionale delLazio. Quella lettera, in cui spiego la mia situazione e in cui riverso tutte le mie preoccupazioni, si fa luce e accoglienza da parte di due famiglie che mi aprono le porte delle loro case.
La famiglia Bazzani mi ospita nel primo mese di servizio, in una casa che stanno per adibire a struttura di accoglienza per famiglie. La loro disponibilità ad accogliermi, nonostante le difficoltà quotidiane che una famiglia numerosa può avere, mi ha colpito e mi riempie di sentimenti di gratitudine nei loro confronti.
La gratuità che si espande, che ti accoglie con tutte le tue fragilità. Questo ho sperimentato e sperimento tuttora nella famiglia Carbone, una famiglia molto speciale, che mi accoglie da aprile. Perché è così speciale? Ha aperto il suo cuore oltre oceano a quattro cuori che aspettavano solo di conoscere una mamma e un papà desiderosi di voler loro bene.
In un contesto così aperto all’accoglienza, ho trovato il mio piccolo posto. Mi sentivo come un pellegrino errante, ora mi sento parte di un’altra famiglia.
Francisco, Felipe, Marcos e Daiane non sono semplicemente dei nomi, non sono semplicemente dei fratellini adottivi. Fratellini brasiliani che con la loro vita hanno adottato un ragazzotto italiano, e continuano a farlo ogni giorno. L’allegria carioca scorre nelle loro vene, ed è contagiosa, spesso terapeutica. Le mie giornate “no” diventano dei momenti di festa, con i loro abbracci, i loro scherzi un po’ malandrini, la loro passione per la musica, specie quella napoletana.
Proprio la musica mi ha permesso di entrare più in confidenza con loro. “Sapete cos’è la pizzica?”, ho detto un giorno di quelli che devi cercare di frenare le loro esuberanze. “È un ballo tipico della mia terra. Ora ve la faccio ascoltare e poi dopo la balliamo tutti insieme”. La musica permette loro di esprimersi, di tirare fuori la loro vena artistica e talentuosa, e di essere sé stessi. In due secondi sapevano già essere ballerini provetti.
Ma quello che ricevo da loro è molto di più. È un’attenzione particolare a quello che sei, con tutte le tue fragilità, tant’è che spesso la sera a cena, unico momento in cui si può parlare tutti insieme e trasmettersi emozioni sulla giornata appena nascosta, emergono le difficoltà quotidiane, le fatiche a scuola e a lavoro, e ci si conforta a vicenda, grazie anche all’apporto di papà Sergio e mamma Paola, con un po’ di esperienza in più sulle spalle.
In una famiglia si condivide tutto. I momenti di divertimento al mare, al cinema, i piccoli compiti di ogni giorno quali il bucato e la cucina. Anche i calzini, che puntualmente non ritrovo, sebbene i miei fratellini brasiliani abbiano tre taglie di piede in più. Si condividono gioie e dolori, perché appena uno soffre, tutta la famiglia non ne resta indifferente, ma si stringe attorno a lui.
Forse racconto cose scontate, non è una storia eccezionale. Ma eccezionale e straordinario è il quotidiano, è come sono entrato in una famiglia da sconosciuto, è come sono stato accolto con amore senza alcun interesse, dando la mia mano. E per la regola del “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, quest’estate la famiglia Carbone ha trascorso qualche giorno in Puglia, nel Salento, primo momento d’incontro tra due famiglie che non si conoscevano, ma è come se fossero state sempre unite. È stata una settimana di festa fin dal primo istante.
In tutto questo dico grazie all’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, che non mi ha solo aiutato in un momento di difficoltà, ma ha creato legami, rete tra famiglie, che mi ha permesso di incontrare realtà lontane dalla mia, ma mai così vicine. Che mi sta facendo vivere in piccolo Giubileo della misericordia, a braccia aperte.

                                                                                          Giuseppe Resta Corrado
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