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La festa del Corpus Domini

La festa del Corpus Domini

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A raccontarci di più della solennità del Corpo e Sangue di Nostro Signore è Luigi Conti, nostro associato della primissa ora, sette figli e una grandissima cultura che ama condividere con gli amici. Luigi infatti scrive una sorta di rubrica on line intitolata TENIAMO ACCESO ILCERVELLO, sui temi della vita, dell’aborto, della cronaca che spedisce a una mailing list di conoscenti. Ora Luigi ha accettato di regalare ai lettori del nostro sito e del nostro giornale i suoi contributi, sempre acuti e documentatissimi. Grazie Luigi!

Non tutti sanno che questa solennità è una delle meno antiche, della chiesa, (risale al XIII secolo) e che deve la sua origine a una donna, Santa Giuliana di Liegi, che ottenne che il giovedì dopo la domenica della Trinità fosse dedicato, (nella sola diocesi di Liegi, si capisce) al SS Sacramento. “Caso” volle che nel 1263 l’arcidiacono di Liegi, Giacomo Pantaleone, diventasse Papa con il nome di Urbano IV (si può trovare un nome più papale di “Urbano?”), e che fosse in progetto di quest’ultimo estendere la solennità a tutta la Chiesa. A trasformare il progetto in una realtà richiesta a furor di popolo fu il contemporaneo miracolo di Bolsena, in cui un ostia, mentre si spezzava tra le mani di un poco convinto prete boemo, fu vista gocciolare sangue e macchiare il corporale che copriva l’altare, corporale che si conserva tuttora nel meraviglioso duomo di Orvieto, città che tuttora ogni anno, in occasione di questa solennità, si ferma a festeggiare con non meno partecipazione di popolo di quanto a Rieti non si faccia per S.Antonio o a Siena per il Palio. Già, Siena; la città di S.Caterina è collegata a questa festa da un singolare e poco conosciuto fatto che vale la pena di essere ricordato ai miei 2,5 lettori.

Tutto comincia il 14 agosto 1730, quando ladri restati per sempre ignoti rubano nella chiesa di San Francesco a Siena, officiata dai Minori Conventuali, una pisside contenente 351 ostie consacrate. Scoperto il furto, lo sgomento è tale che la città, con decisione quasi senza precedenti, decide di sospendere persino l’amatissimo Palio dell’Assunta. Tre giorni dopo, il 17 agosto, nella cassetta per le elemosine della Collegiata di S.Maria in Provenzano, le particole vengono tutte ritrovate.

Riportate con solenne processione nella chiesa da dove erano state asportate, non vennero consumate – come pure prescriveva il diritto canonico – perché i fedeli espressero il desiderio di adorarle a fini riparatori; ma, pare, anche perché – essendo state introdotte in una cassetta per le elemosine che si apriva una sola volta all’anno e piena, dunque, di polvere e ragnatele – ragioni igieniche sconsigliavano di comunicarsi con esse, malgrado i tentativi di ripulirle.

Sta di fatto che, col passare del tempo, vennero in qualche modo ” dimenticate” e solo quasi cinquant’anni dopo si scoprì che erano rimaste assolutamente intatte sin dall’aspetto, non avendo nemmeno assunto una colorazione diversa da quando erano state fabbricate (impiegando, tra l’altro, un ferro particolare che prova che le ostie in questione sono proprio quelle rubate nel 1730).

Dal furto sono passati quasi tre secoli e le particole sono ancora – fresche come all’inizio – nell’artistica pisside della basilica di San Francesco in Siena. Da 351 che erano si sono ridotte a 223; ma non perché quelle che mancano siano state distrutte dal tempo ma perché, fra le tante “prove” eseguite, ci fu anche il comunicare con esse delle persone che ne saggiassero il gusto. Che è risultato, esso pure, non alterato.

Ovviamente, non ci si è limitati a questo tipo di esperimento pragmatico. Tra l’altro, nel 1914, a cura di un chimico stimatissimo, il professor Siro Grimaldi, si procedette a un serie di analisi e di esami con i mezzi messi a disposizione della scienza. La quale, in questo genere di esperimenti, non è molto mutata da allora, visto che ciò che c’era da determinare era molto semplice: le ostie erano della consueta farina azzima di frumento ? Avevano subito qualche alterazione?

Nella sua relazione Grimaldi scriveva di avere trovato le particole, dopo i 184 anni trascorsi allora, “lucide e lisce, con bordi netti, non sfrangiati né smussati. Prive di acari, tarli, di ragnatele, di muffe e di qualsiasi altro parassita animale e vegetale propri di quella farina di frumento con cui sono composte”. Eppure, nulla di più fragile e di suscettibile di alterazione di tenui ostie di pane azzimo. Per loro natura sono indiscutibilmente il massimo dell’alterabilità.

“La farina di grano è il miglior terreno di coltura dei microrganismi, dei parassiti animali e vegetali, della fermentazione lattica e putrida”, continuava lo specialista, “le particole di Siena sono pertanto in perfetto stato di conservazione, contro ogni legge fisica e chimica e nonostante le condizioni del tutto sfavorevoli in cui si sono venute a trovare. Un fenomeno assolutamente anormale: le leggi della natura si sono invertite. Il vetro della pisside in cui sono conservate è diventato sede di muffe, mentre la farina si è rivelata più refrattaria del cristallo”.

So bene che molti sono infastiditi da questi fatti che uniscono da un lato l’improbalità tipica dei miracoli, e la scarsa documentabilità che (da chi poco conosce la Storia e l’Archivistica) è sempre associata agli eventi non recentissimi, dall’altro uno sfacciato “materialismo” che ci lascia sempre un po’ interdetti oggi che va tanto lo spiritualismo orientale in salsa New Age.

Lo so che non è di moda, ma il cristianesimo è, è sempre stato e sempre non potrà che essere questo et-et , Spirito e Materia, anima e corpo, dottrina e carne. Chi auspica non dico di eliminare ma almeno di nascondere la carne e la materia si ricordi quello che dice la seconda lettera di Giovanni (vv 7-8)

Luigi Conti