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Istat. Povertà, peggiora per le famiglie numerose e i giovani

Istat. Povertà, peggiora per le famiglie numerose e i giovani

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Nel 2016 1,6 milioni di nuclei nell’indigenza grave, raddoppiato il numero di quelli numerosi poveri. Galantino: questi dati smuovano le agende politiche

Una magra consolazione. Alla apparente stabilità del numero dei poveri assoluti in Italia, quai 5 milioni, fa da contraltrare invece il raddoppio della grave indigenza tra le famiglie con tre o più figli, nelle coppie giovani e nelle famiglie con lavori modesti. Nel 2016 infatti, secondo i dati Istat sulla povertà in Italia diffusi stamane, si stima siano 1 milione e619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nelle quali vivono 4 milioni e 742 mila individui. Rispetto al 2015 si rileva una sostanziale stabilità della povertà assoluta in termini sia di famiglie sia di individui. L’incidenza della povertà assoluta sale al 26,8% dal 18,3% del 2015 tra le famiglie con 3 o più figli minori, coinvolgendo nel 2016 137mila 771 famiglie e 814mila 402 individui.

La povertà aumenta nelle famiglie con figli

La povertà aumenta nelle famiglie con figli

In aumento l’indigenza dei minori

Ma la grave deprivazione aumenta anche fra i minori, da 10,9% a 12,5%. Tra le persone in povertà assoluta si stima che le donne siano 2 milioni 458mila (incidenza pari a 7,9%), i minori 1 milione 292mila (12,5%), i giovani di 18-34 anni 1 milione e 17mila (10,0%) e gli anziani 510mila (3,8%). Ma è proprio la condizione dei minori ad essere in netto peggioramento – basti pensare che nel 2005, anno di inizio della serie storica, l’incidenza della povertà assolta era al 3,9% ­- come del resto quella dei giovani, per i quali il valore è più che triplicato rispetto al 2005 (10,0% contro 3,1%). L’incidenza della povertà assoluta cresce nel tempo anche fra gli adulti tra i 35 e i 64 anni (da 2,7% del 2005 a 7,3%) mentre è in diminuzione tra gli anziani (4,5% nel 2005).

Il lavoro del capofamiglia è una discriminante per non cadere in povertà

Il lavoro del capofamiglia è una discriminante per non cadere in povertà

Posizione professionale una discriminante importante

La posizione professionale della persona di riferimento incide molto sulla diffusione della povertà assoluta. Per le famiglie la cui persona di riferimento è un operaio, difatti, l’incidenza della povertà assoluta è doppia (12,6%) rispetto a quella delle famiglie nel complesso (6,3%), confermando quanto registrato negli anni precedenti. Rimane, invece, piuttosto contenuta tra le famiglie in cui la persona di riferimento è dirigente, quadro e impiegato (1,5%) e pensionato (3,7%). Come negli anni precedenti l’incidenza di povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: 8,2% se ha al massimo la licenza elementare; 4,0% se è almeno diplomata.

Galantino: questi dati smuovano le coscienze e le agende politiche

I dati dell’Istat sulla povertà “sono numeri incredibili ma mi piacerebbe che questi numeri incredibili riuscissero un po’ a smuovere anche le coscienze, a smuovere le persone ma anche le agende politiche di chi decide. Perché questo scarto enorme non può essere lasciato ai margini”. Lo ha detto monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, a margine della tavola rotonda in Senato “Da mani pulite a Cantone: il valore delle regole”.

Le reazioni

«Purtroppo anche quest’anno i dati Istat dimostrano che non si è riusciti a fare nulla per far diminuire il numero dei poveri in Italia, che continuano ad essere troppi, soprattutto tra i minori», è il commento di Marco Lucchini segretario generale fondazione Banco alimentare onlus, ricordando che è necessario quindi «accelerare i tempi d’attuazione delle misure decise dal governo» perché «solo una collaborazione concreta e politiche di contrasto forti, sociali e del lavoro, in un’alleanza fattiva tra attori pubblici e privati», potrà far diminuire il numero di indigenti permettendo a queste persone di avere una speranza per ricominciare. «Se l’incidenza della povertà assoluta rimane stabile, cresce la necessità di risposte immediate ed efficaci», aggiunge l’Alleanza contro la povertà, secondo cui «non esiste altra strada percorribile: occorre avanzare verso l’universalismo degli interventi di contrasto alla povertà». Dunque «la stabilità rispetto ad anni di difficoltà non è una buona notizia – prosegue l’Alleanza – e in un decennio siamo indietreggiati». Molto più diretto il giudizio del Forum della associazioni familiari che considera «inutile chiedersi perché in Italia nascono sempre meno bambini… ce lo spiega oggi l’Istat: fare un figlio significa diventare poveri». Per il presidente nazionale Gigi De Palo, «dobbiamo domandarci seriamente: i figli sono un bene comune? In Italia sembra di no. Per questo il Forum chiede alla politica scelte coraggiose introducendo una fiscalità che tenga conto dei componenti familiari.

Fonte: avvenire.it di Alessia Guerrieri

 

Potete prendere visione del report dell’Istat  sulla La povertà in Italia 2016