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Convegno di Firenze: il commento di Mario Sberna

Convegno di Firenze: il commento di Mario Sberna

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La Conferenza sulla Famiglia organizzata dal Ministro Rosy Bindi è stato un momento di alto valore sociale e civile. Impreziosita dalla presenza del Capo dello Stato e partecipata dalla quasi totalità dei membri del Governo, ha dimostrato – finalmente, dopo decenni di oblio – che la famiglia è tornata al centro dell’agenda politica del Paese.
Non possiamo dire che la Conferenza sia stata il primo frutto del Family Day, essendo stata organizzata molto tempo prima, ma certamente ne è stata importante corollario. Il Family Day ha indicato all’Italia intera la vera priorità della nostra società, cioè “Più Famiglia”, la Conferenza ha evidenziato alcune piste affinché questa priorità possa essere sostenuta e sviluppata. Perché se “cresce la famiglia, cresce l’Italia”. La presenza dell’associazionismo familiare, su tutti il Forum, ha consentito di individuare nei vari gruppi di studio le modalità più concrete e ottimali per rispondere alle esigenze di giustizia, equità e sostegno che le famiglie italiane pongono. Ora ci aspettiamo che già dalla prossima Finanziaria si diano risposte concrete alle priorità emerse.
Se dunque salutiamo con favore l’iniziativa e il suo svolgimento, è utile e necessario sottolineare almeno un aspetto della Conferenza che ci trova assolutamente discordi e sul quale sarà necessario un serio approfondimento a livello politico, culturale e sociale. Si tratta del messaggio, più volte scandito nella tre giorni di Firenze, che può essere così riassunto: “Si caccino i figli da casa”. In buona sostanza, alcuni importanti esponenti politici chiedono di aumentare gli asili nido e gli appartamenti low cost (così definiti, in inglese, dalla Ministra Melandri) per i maggiorenni. I piccini sarebbero messi in mani sicure mentre le madri si occupano di quella che parrebbe essere la loro priorità, lavorare, i giovanotti imparerebbero a stare al mondo abbandonando anzitempo la casa dei genitori. In entrambi i casi mi pare di poter dire che il pulpito dal quale viene la predica non è quello che rappresenta la maggioranza delle cittadine e dei cittadini di questo Paese. E’ evidente che per una donna in carriera (politica, o anche medica, aziendale ecc.), l’asilo nido rappresenti un porto sicuro cui affidare la prole senza compromettere la propria attività lavorativa. Ma la stragrande maggioranza delle donne di questo Paese, non è in carriera. Stampa plastica nelle fabbriche, cuce indumenti, pulisce pavimenti, è impiegata negli uffici, è cassiera di supermercato. Oltralpe, a queste donne, viene offerta una significativa scelta: lasciare il lavoro per tre anni dopo il parto ottenendo un beneficio economico mensile molto simile allo stipendio ottenuto lavorando.
Costruire e mantenere asili nido costa più che sostenere economicamente le neo mamme nei primi anni di vita dei loro cuccioli.
Dare la possibilità di scelta alla mamma, questa dovrebbe diventare la parola d’ordine per le politiche femminili. Lo stesso dicasi per i figli maggiorenni: la maggior parte di loro non ha alcuna intenzione di ingrossare le fila di coloro che non arrivano a fine mese. Perché vivere da soli significa moltiplicare le spese (di affitto, di canoni, di mobilio) togliendo alla famiglia di origine – oltretutto – un valido sostegno per crescere i fratelli minori.
Quale è la ratio che sostiene un tale malsano disegno?
Mi pare che alcuni politici stiano sostenendo con troppa convinzione l’individualismo e il libertarismo più esasperati. Non ne abbiamo per nulla bisogno.

Mario Sberna
presidente