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CONFERENZA DI FIRENZE: FAMIGLIA AL CENTRO

CONFERENZA DI FIRENZE: FAMIGLIA AL CENTRO

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Intervista a Mario Sberna
Positivo il bilancio, ma che non passi la filosofia che “fuori di casa” é meglio

Di ritorno da Firenze, sul treno che lo riporta a casa, Mario Sberna ci parla della Conferenza della Famiglia a cui ha partecipato insieme a Alessandro Soprana e Alvaro Ringressi.
Che aria si respirava a Firenze?
Buona, dai. E’ la prima volta che si fa in Italia una conferenza sulla famiglia, una iniziativa che dimostra che la famiglia è ritornata al centro dell’interesse generale.
Comunque a una conferenza non si va per portare a casa qualche risultato, si va piuttosto per ascoltare, per capire la strada che vuole prendere chi la organizza, in questo caso il Governo.
Che impressione ne avete tratto?
L’aspetto più positivo di questa iniziativa è stato il risveglio del concetto di famiglia come fondamento della società. Lo abbiamo sentito dal Presidente Napoletano, lo ha ribadito la ministro Bindi, lo hanno confermato i relatori che si sono susseguiti. Certo il Family Day ha dato un impulso deciso a focalizzare l’attenzione sulla famiglia, ha permesso che questa conferenza scorresse sui binari sicuri della famiglia, senza rivendicazioni di altro tipo, senza importanti deragliamenti.>>
Il mondo politico ha filamento capito che nell’agenda del nostro Paese la famiglia è priorità?
Si: ho avuto l’impressione, anche dalle relazioni e dai lavori di gruppo, che questo punto è stato pienamente recepito. Semmai se c’è un aspetto negativo da sottolineare in questa conferenza, è questa parola d’ordine che ci viene dall’Europa ed è già arrivata anche in Italia: “cacciamo i figli fuori casa”.
L’enfasi con cui si vede negli asili nido la panacea di tutti i mali, la volontà di spingere fuori casa i figli maggiorenni, vista non solo come necessità ma addirittura come virtù mi sembra un copiare modelli altrui che non ci appartengono.
Si parte dalla certezza, che è falsa, che la donna preferisce stare fuori casa piuttosto che crescere i propri figli. Questo può valere per le donne in carriera, per le donne che si danno alla politica ma non è quello che vogliono tutte donne. Eppure ci si ostina a volere raggiungere i livelli suggeriti dalla Conferenza di Lisbona, che indica nell’occupazione femminile al 70% e nella costruzione di asili nidi la “soluzione” alle “nuove sfide demografiche” della crescita 0 in Europa.
Invece, se si dividessero i soldi che occorrono per costruire quegli asili nido per tutte le donne che partoriscono, potremmo garantire alle donne la possibilità di stare con i loro figli fino ai tre anni, assicurando anche i contributi pensionistici…
Fuori casa anche i figli maggiorenni, dicevi:
Ho avuto modo di far notare alla ministro Melandri che se noi mandiamo fuori casa i nostri ragazzi a vent’anni, ne facciamo dei nuovi poveri, anche se usufruissero di affitti “low cost” come quelli per cui il governo intende investire. Perché anche se sono ”low cost” un affitto è sempre una bella voce di spesa e senza l’aiuto della famiglia, un ragazzo deve lavorare anche solo per pagarsi quell’affitto, sacrificando gli studi, il risparmio…Invece i ragazzi hanno bisogno di stare ancora qualche anno in casa dopo gli studi, per aiutare finanziariamente le famiglie d’origine, per risparmiare quei soldi che serviranno loro per costruirsi a loro volta una famiglia.
Sono le riflessioni di un padre di famiglia, di una persona che è abituata a pensare al futuro dei figli in termini di concretezza, di tempi lunghi, di famiglia, di valori. Speriamo che un po’ di questa saggezza sia arrivata anche ai nostri politici.