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Aiuti alle famiglie e propaganda

Aiuti alle famiglie e propaganda

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Nel discorso pubblico, la famiglia vive la stessa sorte di quelle vecchie zie abitualmente zittite e ignorate, ma poi destinatarie d’improvvise premure quando si profila la possibilità di accedere ai loro risparmi. Così la politica, ogni volta che aleggia l’ombra di nuove elezioni, variamente riscopre una vocazione pro famiglia, celebrando il «pilastro della società» e tralasciando il dettaglio per cui a proclamarne la sacralità siano spesso leader a tal punto infervorati da averne messa su più d’una.
Nemmeno il premier Renzi ha resistito alla tentazione di vestire panni familisti quando in tv ha promesso il bonus bebé di 80 euro mensili. Ma se credevamo di averle sentite tutte, a spiazzarci è arrivata l’altro giorno la proposta di Maurizio Sacconi: presentando una manifestazione in difesa della famiglia, il capogruppo al Senato del Ncd ha proposto il voto plurimo per famiglie numerose, proporzionato al numero di figli. Cioè per ogni figlio minore, un voto in più. In pratica, il pater familias amministrerebbe un mini-pacchetto di voti: forse per potenziare un’attitudine allo scambio mai sopita nelle italiche vicende elettorali? In che modo questo darebbe «valore alle giovani generazioni» e accentuerebbe la centralità politica della famiglia? E quale sarebbe il passaggio successivo, l’imposizione della «tassa sul celibato» introdotta in Italia nel 1927 per i «disertori della paternità»?
La famiglia è un ambito troppo meritevole di rispetto per essere oggetto di frasi in libertà, lanciate a volte senza aver riflettuto a fondo sulle possibili implicazioni e su ciò che evocano. Con tutto il rispetto, quest’ultima di Sacconi ricorda la battaglia demografica lanciata da Mussolini nel Discorso dell’Ascensione del 26 marzo 1926. Deplorando la «vigliaccheria morale delle classi superiori» e la «sterile e isterica donna crisi» responsabili del calo delle nascite, il duce abbozzava la perfetta famiglia fascista con l’operoso padre padrone, la prolifica massaia rurale e una messe di figli. Fu il primo esempio di dissolvimento di confini tra sfera pubblica e privata, con la famiglia trasformata in istituzione statale, sociale e politica. Almeno, però, il fascismo impostò anche un welfare con l’assistenza alla maternità e all’infanzia, igiene infantile e profilassi antitubercolare, repressione di abusi contro l’infanzia.
È ciò che serve anche oggi: più che bonus bebè o voti plurimi, aiutare le famiglie significa potenziare asili nido, consultori, politiche sociali e del lavoro. E non marginalizzare le donne, e garantire casa, diritti, cittadinanza e dignità a tutte le famiglie, grandi e piccole.

Fonte: www.bresciaoggi.it di TITTI MARRONE